Libertà di stampa, Italia sempre più in basso. Lorusso: “Un dato che deve far riflettere”  

Sempre più in basso l’Italia, nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata da “Reporters sans frontieres”.

L’ultima graduatoria, appena stilata, vede il Belpaese perdere altre 4 posizioni e scivolare al 77esimo posto al mondo, quart’ultima in Europa dove fanno peggio solo Cipro, Grecia e Bulgaria.

 

«Un dato – commenta il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso – che deve far riflettere tutti anche se non ci sorprende. Del resto, in Italia vige ancora l’articolo 595 del codice penale che prevede il carcere per i giornalisti: non aiuta certo in una classifica sulla libertà di stampa. Anche se da anni si parla di intervenire, il 595 è sempre lì». I giornalisti in maggiore difficoltà sono quelli che fanno inchieste su corruzione e crimine organizzato. Il rapporto di Rsf cita tra l’altro il caso dei giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, che rischiano 8 anni di carcere per aver pubblicato i loro libri che hanno rivelato informazioni riservate sulla Santa Sede: «In Vaticano, è la giustizia che se la prende con la stampa nel contesto dello scandalo Vatileaks e Vatileaks2».

 

«Ma la stampa in Italia – dice ancora Lorusso – ha anche altri problemi, che non riguardano solo la libertà ma un’organizzazione complessiva di tutto il sistema. Si va dall’assenza di normative antitrust ai meccanismi di nomina della governance dell’ente radiotelevisivo di Stato, che resta legato all’esecutivo in carica. C’è il fenomeno sempre più preoccupante dei cronisti minacciati e costretti a vivere sotto scorta, c’è il tema delle querele temerarie spesso usate a scopo intimidatorio, sul quale ancora manca un provvedimento. Siamo lontani dalle linee guida auspicate dall’Europa, secondo le quali la querela intimidatoria deve portare, in caso di sconfitta del querelante, non solo al pagamento delle spese processuali ma anche a sanzioni proporzionali all’entità del risarcimento richiesto con la querela»

 

«Ciclicamente – prosegue Lorusso – riemergono poi i tentativi mai sopiti di mettere limiti o bavagli all’attività giornalistica, in particolare per quanto riguarda la decisione se pubblicare o no atti giudiziari. E qui occorre essere chiari: il giornalista non può essere depositario di segreti. Se arrivano in mano a un giornalista, e riguardano fatti di pubblico interesse e rilevanza sociale, le notizie o i contenuti di atti devono essere pubblicati, segreti o no. Non sta ai giornalisti proteggere quel segreto. Alla fine – conclude il segretario Fnsi – tutto ciò incide, naturalmente, quando si fanno classifiche sulla libertà di stampa. Carcere per i giornalisti compreso».

 

La Finlandia continua a guidare la classifica di Rsf, come fa dal 2010. Seconda è l’Olanda, terza la Norvegia. I miglioramenti più importanti riguardano la Tunisia, che guadagna 30 posizioni, e l’Ucraina che risale di 22 posti. La Russia è piazzata meglio dell’Italia, essendo 48esima.

 

Va meglio dello scorso anno in Africa, dove c’è più libertà di stampa che in America, piagata dalla «violenza crescente contro i giornalisti in America latina», spiega il rapporto, dove «la violenza istituzionale (in Venezuela, al 139esimo, o in Ecuador, 109), quella del crimine organizzato (come in Honduras, 137), l’impunità (Colombia, 134), la corruzione (come in Brasile, 104), e la concentrazione dei media (come in Argentina, 54º) costituiscono i principali ostacoli per la libertà di stampa».

L’Asia continua ad essere il continente peggio valutato. Il nord dell’Africa e il Medio Oriente sono «la regione del mondo in cui i giornalisti sono sottoposti a difficoltà di ogni tipo» per esercitare il proprio lavoro, ma anche in Europa si registra un indebolimento della libertà dei media.

 

Turchia ed Egitto sono rispettivamente 151esima e 159esima, mentre in alcuni Paesi in guerra, come Iraq (158°), Libia (164°) e Yemen (170°), per Rsf esercitare il giornalismo è «un atto di coraggio». Chiudono la classifica Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea (ultima).