Al via il nuovo Fondo spese legali: la Giunta Fnsi apre i contributi a più giornalisti querelati. Anche freelance
Fino a un massimo di 5 mila euro in cinque anni per i giornalisti coinvolti in cause penali o civili e “abbandonati” da aziende fallite o in gravi difficoltà economiche. Possibilità di accesso anche per saldare la parcella degli avvocati, e pure in caso di assoluzione. E “apertura” a collaboratori e freelance e ai colleghi denunciati dopo il licenziamento o le dimissioni. La Giunta Esecutiva della Fnsi ha deciso all’unanimità, nella riunione del 9 settembre, di abolire il vecchio Fondo antiquerele e sostituirlo con il nuovo Fondo spese legali, elaborato da Daniela Scano, membro di Giunta e della Segreteria politica della Federazione e capocronista della Nuova Sardegna.
Il testo introduce una serie di novità importanti, che vale la pena conoscere. E che sono già operative (anche se sul sito federale, a dieci giorni dall’approvazione, sono ancora pubblicate le norme del Fondo antiquerele ormai abolito…).
Chi può chiedere il contributo
La richiesta alla Giunta Esecutiva della Fnsi può essere avanzata dai giornalisti – iscritti da almeno 18 mesi al Sindacato o praticanti iscritti dall’assunzione – che sono imputati in procedimenti penali e che sono stati citati in cause civili per la pubblicazione di propri articoli. La prima condizione è che l’editore sia fallito, oppure la società sia in liquidazione o in stato di insolvenza provata. Inoltre, il collega deve trovarsi in difficoltà economiche.
La novità rispetto al Fondo antiquerele è che potranno accedere al contributo federale anche i giornalisti che si trovano ad affrontare il giudizio penale o civile dopo il licenziamento o le dimissioni, senza il sostegno dell’editore, e tutti i collaboratori e freelance (sempre di aziende fallite, in liquidazione o insolventi).
Sarà invece negato il contributo a chi ha subito sì una condanna, ma risulti evidente che aveva consapevolmente agito “per arrecare un danno ingiusto alla persona offesa“.
Che cosa copre
Si allargano i casi in cui il Fondo può intervenire. Oltre all’aiuto per il pagamento del risarcimento danni, in sede penale e anche civile, la richiesta può essere presentata per la copertura delle spese legali in senso ampio, comprese le parcelle degli avvocati, in caso di assoluzione.
Quanto vale
Il Fondo ha una dotazione annua pari a 150 mila euro, invariata rispetto al passato. Se la platea si allarga, si riduce quindi inevitabilmente la cifra massima che ogni singolo giornalista potrà ottenere, finora fissata in 7.500 euro per ogni richiesta.
Ora, per i processi penali, il massimo è fissato in 4 mila euro per i tre gradi di giudizio (2 mila per il primo, mille ognuno per gli ulteriori due). Per il contenzioso civile si arriva a 5 mila (1.650 per ogni grado di giudizio).
La somma per ogni singola richiesta viene comunque decisa, all’interno di questi tetti, dalla Giunta Esecutiva nel momento in cui concede il contributo. E il giornalista dovrà restituire, in tutto o in parte, l’aiuto ricevuto dalla Fnsi se, nel prosieguo della vicenda giudiziaria, la controparte venga condannata a pagare le spese a favore suo o dei suoi avvocati.
Quante volte si può chiedere
Resta il limite di tre richieste in cinque anni, ma ora devono essere riferiti a una sola vicenda giudiziaria, poiché il nuovo meccanismo di concessione del contributo è costruito sulla base dei diversi gradi di giudizio. In ogni caso, il secondo e terzo contributo posso essere approvati dalla Giunta con una maggioranza di almeno 2/3 dei componenti (ovvero 11 su 16).
I documenti da allegare
Le richieste devono passare attraverso la propria Associazione regionale, e un rappresentante della Ars deve obbligatoriamente essere presente in Giunta quando viene esaminato il caso. Il giornalista deve dunque presentare all’Associazione, insieme alla domanda di contributo: l’ultima dichiarazione dei redditi (o l’autocertificazione di non essere obbligato a effettuarla); i documenti che provino il fallimento o lo stato di insolvenza dell’editore; la parcella del proprio avvocato; il capo di imputazione e le motivazioni della sentenza.